rieccoci

Dopo cotanto invito, come tirarsi indietro. Ebbene sì, il vostro direttore è diventato grande. Da ieri sono professionista (quindi potete anche chiamarmi "prof"). La strada per arrivare a questo risultato è stata lunga e tortuosa, ma l'ho sfangata. A chi pensa che un giornalista iscritto all'ordine nell'elenco dei pubblicisti non sia un vero giornalista, dico: poveretti (con 5 anni da pubblicista alle spalle). Io infatti non sono cambiato. Sono quello di un tempo. E continuerò ad essere quel simpatico cazzone quale sono sempre stato, magari con qualche nozione di diritto penale in più, con qualche lacuna di diritto costituzionale in meno, ma con una profonda e radicatissima convinzione: essere professionisti non significa essere professionali (non so bene cosa voglia dire, ma me lo hanno detto ieri). Dedico questa vittoria a tutti quelli che mi sono stati vicini in questi momenti difficili. Oggi vi dico, amici, non indugiamo nella valle della disperazione, anche di fronte alle difficoltà dell'oggi e di domani, ho ancora un sogno. È un sogno fortemente radicato nel sogno ninesco. Ho un sogno, che un giorno questo blog si sollevi e viva pienamente il vero significato del suo credo: "Riteniamo queste verità di per se stesse evidenti: che tutti i giornalisti sono stati creati uguali". Ho un sogno, che un giorno, sulle rosse colline di Venegono, i figli degli antichi pubblicisti e i figli degli antichi professionisti riusciranno a sedersi insieme al tavolo della fratellanza. Ho un sogno, che un giorno persino a Tradate, una città che soffoca per l'afa dell'ingiustizia, che soffoca per l'afa dell'oppressione, sia trasformata in un'oasi di libertà e di giustizia. Ho un sogno, che i miei quattro bambini (ma non erano due?) un giorno leggeranno un blog in cui non siano giudicati in base all'elenco o all'ordine in cui sono iscritti, ma in base al contenuto del loro carattere.